Scoiattoli e smartphone: Aiuto ho perso il cellulare a Londra!


La storia comincia a Londra, siamo alla National Gallery
Io sono davanti a un dipinto che si chiama “Gli ambasciatori” di Hans Holbein il giovane e sono esterrefatto. Ai piedi dei due ambasciatori c’è un teschio particolare che sembra avere un bernoccolo di dimensione immani. 
È una sorta di pera storta e sembra fatto a computer, come se avessero preso un angolo e tirato. Son lì che mi domando perché il pittore in questione abbia voluto fare un ritratto del genere, non seguendo lo stile classico. 

Quel dipinto poteva essere una premonizione della sfortuna che mi attendeva, ma in quel momento non lo sapevo. Dal riquadro mi guardavano due personaggi e un teschio fatto a pera. Dopo essere usciti dalla National Gallery siamo andati al parco di fianco a Buckingham Palace, dove ci siamo fermati ad ammirare gli scoiattoli,  scesi anche loro dagli alberi, per vederci durante una tempesta di vento gelido. 
Erano sei, gli scoiattoli, cosi immobili e spontanei, che dopo un po' mi era venuta voglia di fotografarli.
Adesso sembrava che si stessero prendendo beffe di me, mentre mi accorgevo che avevo le tasche vuote. In conclusione avevo perso il cellulare. Preso dal panico sono andato a vedere nelle panchine in cui ci eravamo seduti lungo il tragitto. L’unico problema era che avevo sbagliato strada, con mio padre alle costole che cercava di dirmelo, anche se con l’espressione che aveva era più probabile che volesse farmi lo scalpo.


Mia mamma, dopo avermi mostrato quanto potesse essere colorito il suo linguaggio, ha deciso di andare avanti verso Buckingham Palace, nonostante il vento gelido. Io piangevo di tanto in tanto, usando qualche fazzoletto che poi veniva portato via dal vento. Di fianco a un laghetto dove le paperelle si stringevano per il freddo, Valentina ha cominciato a insistere che potevamo andare a vedere se l'avevo perso alla National Gallery. Con un po’ di fortuna qulacuno poteva averlo preso e portato agli oggetti smarriti.
Così è partita la scommessa, mio padre ha puntato 5 euro sulla possibilità che lo avessero già preso e se lo fossero tenuto, perché l'avevo perso sicuramente sui divanetti davanti al dipinto del teschio. La mamma ha scommesso il contrario. 
Entrati alla National Gallery, io e papà siamo andati a chiedere informazioni nel guardaroba ed è stata un’impresa cercare di capire l'inglese dell’addetto, perché andava a una velocità tale che manco si capiva se stava parlando o balbettando al vento (nell’inglese in particolare non c’è molta differenza tra parlare e balbettare, per quanto ne so io ).
Mia madre, che è stata più fortunata, ha trovato un ragazzo napoletano all’ufficio informazioni (da cui ha avuto la mappa e le indicazioni). Allora siamo andati al deposito degli oggetti smarriti.
La stanza era piena di molti sportelli dove si trovavano i tesori, raccolti negli anni, che sono stati lasciati dai "pirla" come me. Abbiamo trovato un addetto che ci ha chiesto la marca del cellulare e poi ce lo ha dato. Che miracolo! Avevo trovato il mio cellulare. Però dovevo dimostrare che era mio.
Dopo aver messo la password (e non pensate che ve la dica), mi hanno ridato il cellulare, ma mentre uscivamo, ne abbiamo trovato uno sulla soglia del bagno. Allora abbiamo fatto quello che avevano fatto qualcuno con il mio cellulare. Siamo andati agli oggetti smarriti.


È allora che mia madre, ha detto la frase leggendaria 

“Gente, niente può succedere di male se si è alla National Gallery!”
(e forse ha ragione). 

Alla fine i 5 euro che ci aveva promesso papà, sono scomparsi nella notte, come il mio primo cellulare.
                                       Ma questa è un'altra storia.
 




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